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Massa Fermana

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MASSA FERMANA

Massa Fermana è un comune delle Marche nella provincia di Fermo posto in una posizione baricentrica alla linea del mare (Adriatico) – monti (Sibillini), dista circa 30 Km dal mare e dalla montagna. La sua estensione territoriale è di 745 ettari e sorge su un colle posto a 349 metri s.l.m.. Il suo nome quasi certamente deriva dal modo con cui all’inizio dell’anno mille veniva definita “Massa” (una massa di terre, una massa di cose) il complesso di terre o quantità di cose appartenenti alla stessa famiglia o alla stessa persona. Nella probabile divisione della potente famiglia dei Nobili Brunforte, ad una componente della stessa famiglia fu assegnata “quella massa di terre nell’alto fermano”. Da ciò il nome di Massa. Non si hanno notizie certe su Massa Fermana, anteriori all’anno 1050, anno in cui il Castello era già sottoposto alla giurisdizione ecclesiastica dei Vescovi di Fermo. Sembra peraltro certo che quel’antico Castello, doveva essere munitissimo ed inespugnabile nonché un valido fortilizio atto a resistere alle incursioni nemiche. Si può asserire, in appoggio a documenti autentici, che il Castello fin dai tempi più remoti appartenne alla potente famiglia dei Brunforte. Nel 1252, Massa si dette spontaneamente a Fermo per non soffrire più oltre le continue violenze di Guglielmo, suo Signore. Morto questi il suo successore Valerio, molto valente nelle armi, spalleggiato da parte Ghibellina, tanto fece che riuscì a rivendicare il libero dominio sia del Castello di Massa che dei suoi feudi. Dopo l’Unità d’Italia avvenne il cambiamento della denominazione da Massa in Massa Fermana e ciò sicuramente per necessaria distinzione da altre varie località con la stessa denominazione...........

 

PATRIMONIO ARTISTICO

Porta Sant’Antonio e Castello Mediovale Testimonianza di Arte Militare del XIII Sec.

Poche e frammentarie sono le notizie sul "Palazzo dei Signori di Massa"
che conserva l'unica porta oggi rimasta delle due che segnavano l'ingresso al centro storico. La "Porta Sant'Antonio", monumento nazionale, e' una singolare testimonianza del Castello trecentesco dei Brunforte. La facciata e' composta da una torre con piombatoi e merli ghibellini, fiancheggiata da due ordini di logge a quattro arcate, e con alla base una porta urbica a sesto acuto. Il castello appartenne alla famiglia dei Brunforte, originaria della Francia, scesa in Italia con il Re Carlo D'Angio', per la conquista del Reame di Napoli.

 



Ex. Convento Francescano

Il Convento, originariamente dedicato alla Santissima Annunziata e poi a S. Francesco, sorge a circa un chilometro dal Paese, sul colle denominato Monte Stalio, coronato da una vasta selva. Il luogo fu scelto da S. Francesco e dai suoi discepoli Fra Masseo e Fra Ruffino che vi edificarono il convento nell’anno 1215: in diversi tempi, fu notevolmente ampliato e servì anche come noviziato. Fu poi ceduto ai Padri Minori della Riforma, nel 1385 e vi furono celebrati i Capitoli Prov.li negli 1339, 1500 e 1512. Fu poi ceduto al Comune di Massa Fermana dal Demanio con atto del 17 agosto 1878 unitamente alla Chiesa annessa ed al contiguo fondo rustico e Selva. Le opere d’arte di cui la Chiesa era ricca sono state trasferite nella Casa Comunale o in Parrocchia.. Presenti, nonostante le intemperie, degli affreschi sui muri della cappella e sulla volta a crociera. In questo Convento sono stati: San Giuseppe da Copertino, San Berdinardo da Siena, San Giacomo della Marca, ed esso è citato nei “Fioretti". Oggi è in fase di ricostruzione.

 

Chiesa parrocchiale di San Lorenzo, San Silvestro e Ruffino

Nel centro storico della suggestiva cittadina si innalza la chiesa parrocchiale dei SS. Lorenzo, Silvestro e Ruffino. Al suo interno, oltre alla prima opera che verosimilmente fu realizzata nel territorio marchigiano da Carlo Crivelli, è conservata la "Madonna della Cintola e devoti" di Vittore Crivelli che in origine era collocata presso la chiesa della Confraternita della Concezione. Sulla base di alcuni studi compiuti nel corso del XIX secolo, Massa Fermana nel 1460 visse un momento drammatico a causa del funesto diffondersi della peste. La popolazione allora volle commissionare una tavola affinché la Madonna li proteggesse dalla terrificante falce della morte nera. In posizione centrale, su un parapetto che riporta la scritta "Mater Domina" (Signora Madre) è assisa la Vergine Maria che stringe il Bambino benedicente con un garofano rosso fra le dita paffute,  noto simbolo del suo futuro sacrificio salvifico. Alla destra e alla sinistra di Madre e Figlio sono inginocchiati due meravigliosi angeli musicanti, sulle cui teste pende un serto di frutta intrecciato con un significativo nastro vermiglio. Fra le foglie della ghirlanda sono ravvisabili le mele che rimandano al peccato originale, le ciliegie che alludono al sangue di Cristo sulla croce, un melograno che sottintende sia la Resurrezione che la purezza della Vergine, alcune prugne gialle che significano la castità di Cristo, un grappolo d’uva che è peculiare attributo di Cristo, il quale disse ai suoi discepoli: “Io sono la vite e il Padre mio l’agricoltore” e un cetriolo che invece simboleggia il peccato umano, quindi il motivo del sacrificio messianico. Sul trono è chiaramente visibile un cardellino, il quale cibandosi dei cardi che per le loro foglie pungenti rammentano la corona di spine sul capo del Redentore, nella tradizione iconografica cristiana rimanda alla Passione. Ai piedi della Madonna sono bipartiti in maniera bilanciata due gruppi di devoti, fra cui sono ravvisabili gli osservanti della Confraternita della Concezione. In posizione centrale invece sono ritratti san Lorenzo, patrono di Massa Fermana, san Francesco che probabilmente allude alla committenza francescana, san Silvestro cui è titolata la chiesa e san Sebastiano che veniva invocato contro la peste. I quattro offrono un particolareggiato modellino della città alla Vergine che la cinge caritatevole e protettiva con una cintola dorata.

Fonte Informativa museo diffuso del Fermano 

ALLINTERNO VI SONO CONSERVATE OPERE DI GRANDE VALORE ARTISTICO:

 

“Polittico di Carlo Crivelli” (1430-1500) firmato e datato 1468

II polittico di Massa Permana, prima opera documentata di Carlo Crivelli nelle Marche, presenta "in nuce" peculiarità strutturali, morfologiche e semantiche che diverranno delle costanti nell'evoluzione artistica del pittore. In bilico tra passato e presente, tra conservatori­smo e modernità, Carlo costruisce un grande apparato iconico secondo la tradizione tardo gotica proponendo alla devozione dei fedeli una teoria di Santi isolati ciascuno nel fondo oro del pannello attorno al fulcro della composizione costituito dalla Madonna in trono col Bambino. La predilezione dell'artista per l'arcaica struttura del polittico fu probabilmente dettata dal gusto dei committenti, i conti Azzolino di Fermo che esercitavano lo iuspatronato - ereditato dai Brunforte - sulla chiesa per il cui altare l'opera fu realizzata. Da una lettura stilistica, invero, emerge la padronanza dei mezzi espressivi propri del linguag­gio rinascimentale. Le figure sono plasticamente modellate, diverse le soluzioni spaziali: dall'aurea dimensione metafisica dei pannelli centrali si passa agli spazi naturali e architetto­nici costruiti secondo evidenti intelaiature prospettiche nella predella e nella cimasa. Palpabili sono gli echi del vivace ambiente umanistico padovano dominato da figure carismatiche come Donatello, Mantegna e lo stravagante Squarcione, nella cui bottega Carlo conobbe artisti ferraresi, toscani, dalmati che diedero poi vita a quello che Pietro Zampetti ha definito "Rinascimento adriatico". L'articolato schema figurativo si presta a diverse interpretazioni iconografiche, tutte conver­genti a tracciare l'immagine di un artista imbevuto della cultura teologica del suo tempo e consapevole delle antiche tradizioni. In posizione preminente compaiono i due santi titolari della chiesa, il diacono Lorenzo e papa Silvestre; alle estremità, su un austero piano roccioso, i due predicatori S. Giovanni Battista e S. Francesco che riceve le stigmate. Ulteriori Approfondimenti pagina Pinacoteche

Altre Opere

  • “TEMPERA SU TAVOLA DI VITTORIO CRIVELLI" (1440-1501)
  • “DIPINTO OLIO SU TELA DI SEBASTIANO GHEZZI" (sec.XVII) Raffigurante l’Assunzione

ALTRI LUOGHI DI INTERESSE STORICO CULTURALE


Centro studi Carlo Crivelli

Dai bagliori di antichi tesori, testimonianza di un passato culturalmente fervido, scaturisce la nascita del Centro Studi "Carlo Crivelli" a Mas­sa Fermana, nel luogo in cui nel Quattrocento hanno preso forma preziosi capolavori custodi­ti nella chiesa parrocchiale: il Polittico di Carlo Crivelli e la tavola di Vittore Crivelli, documenti significativi all'interno del corpus dei due ma­estri veneziani che hanno trovato nelle Mar­che una patria d'elezione. Il polittico di Massa Fermarla, firmato e datato 1468, realizzato su probabile commissione del conte Troilo Azzolino, costituisce l'esordio artistico di Carlo nella regione, compendia le esperienze padovane e dalmate e, nello stesso tempo, contiene a livello embrionale le peculiarità della sua cifra stilisti­ca che rientra in quella che Zampetti ha definito "Cultura adriatica". La Madonna della Cintola, dipinta circa un ventennio più tardi da Vittore per la Confraternita della Concezione, finemen­te istoriata e originale nella soluzione icono­grafica, è stato uno dei punti di forza della mostra di Sarnano del 2011 "Da Venezia alle Marche. Vittore Crivel­li e i maestri del Rinascimento nell'Appennino" dove è stata esposta. La presenza di que­ste due opere, sfuggite al mercato antiquario e ad un crudele destino di dispersione, motiva e avvalora la costituzione a Massa Fermana del Centro Studi "Carlo Crivelli", patrocinato dalla Provincia di Fermo e finanziato dalla legge 75, con l'intento di valorizzare la figura e la produ­zione di Carlo e Vittore Crivelli e dei Crivelleschi, di essere un punto di riferimento per studiosi e ap­passionati, un'occasione per molti di avvicinarsi all'arte e riscoprire il patrimonio storico-artistico del territorio. Oltre alla raccolta e catalogaziene del materiale documentario, bibliografico ed ico­nografico esistente, si prevedono attività di ricer­ca, promozione, fruizione didattico-laboratoriale delle opere, convegni, mostre.

Fonte: Maria Di Chiara (Direttrice del Centro Studi)

  

Museo del Cappello

Il Museo del Cappello di Massa Fermana è ospitato al piano terreno del Castello dell’antico borgo marchigiano, in alcuni ambienti visibili anche attraverso due ampie finestre che si aprono sulla facciata. Dobbiamo specificare che si tratta del Museo del Cappello di paglia, da tempo produzione tipica della zona, tanto importante e raffinata una volta forniva anche il più celebre mercato fiorentino. Nel locale, messo a disposizione dal Comune per questa lodevole iniziativa, sono esposti antichi macchinari, tipi di trecce di paglia, cappelli e vecchie fotografie. Il tutto per documentare l’antica lavorazione artigianale del cappello di paglia che, un tempo, era una occupazione a cui si dedicavano i contadini quando erano liberi dal lavoro dei campi. Uomini e donne, soprattutto, si riunivano a scegliere gli steli adatti, li intrecciavano per poi affidarli a mani più esperte che cucivano le trecce e ne ricavavano cappelli. Era un lavoro che consentiva un piccolo introito aggiunto alle spesso magre sostanze. Gradatamente da lavoro part time, come diremmo oggi, il lavoro si è specializzato pur conservando caratteristiche di lavorazione artigianale, fino a raggiungere grandi esiti soprattutto con il diffondersi dell’uso della paglietta per uomo e dell’obbligo per le mondine di coprirsi il capo con un cappello di paglia per evitare le insolazioni. Poi i tempi sono cambiati ma a Massa Fermana e nel “distretto” del cappello la produzione non è mai cessata anche se, accanto alla paglia, sono stati introdotti altri materiali. Oggi le numerosissime fabbriche lavorano prevalentemente per il mercato estero. Ma proprio per non dimenticare le antiche “radici”, il Museo viene a celebrare i primi contadini-cappellai, dal cui lavoro tenace e duro tutto ha avuto origine. Il “pezzo” più importante nel museo è sicuramente un torchio per dar forma al cappello, datato al 1700. Ulteriori Approfondimenti Pagina Musei.....

 

Museo degli Antichi Mestieri di Strada

I pezzi esposti sono gentilmente prestati da Bruno Rastelli, collezionista marchigiano, classe 1938, rappresentante, ora in pensione, della terza generazione di una dinastia di artigiani del settore calzaturiero che ci conferma la sua passione per le due ruote. Dalle gare con i sidecar, alle moto - passione trasmessa al figlio e di cui ha una collezione di mezzi d'epoca - alla "roba antica" come lui stesso l'ha definita. A Massa Fermana, suo comune di residenza, con l'aiuto dell'amministrazione comunale locale Rastelli cura un museo con circa 40 biciclette e 150 moto di epoca. A testimoniare le origini della sua famiglia di artigiani, il banchetto da lavoro del ciabattino montato su una delle biciclette esposte apparteneva ad un suo avo e risale al 1895.


Pinacoteca Comunale

Le opere conservate all'interno della Pinacoteca Comunale:

  • VINCENZO PAGANI “Natività” di Sec. XVI
  • SCUOLA DI ANTONIO ROSSELLINO SEC. XVI- Madonna con Bambino (cartapesta policroma)
  • DURANTE NOBILI da Caldarola 1549: “Disputa sull'Immacolata Concezione”
  • OLIVUCCIO CICCARELLO SEC. XV “Madonna col Bambino” Affresco

 

ECONOMIA

Massa Fermana Città del Cappello

L’attività economia prevalete è la produzione dei cappelli (ad oggi circa 40 imprese). Da documenti storici fino ad oggi ritrovati, risulta che l’attività di produzione di cappelli veniva esercitata già nel 1700. Si trattava di cappelli realizzati con paglia di grano intrecciata dalle famiglie più povere. Oggi questa attività si è radicalmente trasformata tanto che quasi nessuno produce più il cappello di paglia in grano. I cappelli prodotti sono di filato (lana e cotone) tessuto, paglia di varia natura e feltro e vengono esportati in tutto il mondo. Negli ultimi anni sono stati aperti diversi outlet dedicati al coopricapo ed accessori moda.

 

 

 

 

 

PERSONAGGI STORICI, ARTISTICI E LETTERATI DEL LUOGO

  • Manlio Mssini morto nel 1964 , letterato ed artista di musica e teatro
  • Francesco da Massa (sec.XIV) arcivescovo di Corinto
  • Boffo da Massa (sec. XIV) capitano ventura
  • Giovan Battista e Guerriero Guerrieri (Sec. XIX) filosofi
  • Giovanni Marini (Sec.XIX) filosofo e teologo
  • Ada Natali nel 1946 è stata la prima donna sindaco



PRODOTTI TIPICI

Caciù co la fava

(Calcioni con la fava)..........

 

Celli de li frati

(pasta con acqua e farina)............

 

Vino Cotto

Il vino cotto è un tipico prodotto enologico delle Marche e dell'Abruzzo. Viene vinificato soprattutto nelle zone collinari e pedecollinari delle province di Ascoli Piceno, Fermo, Ancona e Macerata. Da non confondersi con il quasi omonimo vincotto, prodotto tipico pugliese, anch'esso derivato dal mosto, ma utilizzato esclusivamente come condimento ed assimilabile ad una sorta di aceto agrodolce. Storia Questo particolare tipo di vino, che può ricordare nel sapore il più famoso vino passito, si ottiene da una tecnica tradizionale che alcuni fanno derivare fin dagli antichi tempi dei Piceni (X secolo a.C.), che in questa zona vivevano, altri invece dai Greci (che si stanziarono ad Ancona nel IV secolo a.C.), una tecnica poi tramandata attraverso i millenni fino ai giorni nostri. I patrizi romani, gli imperatori e i papi degustavano questa bevanda al termine dei loro fastosi banchetti e fino a due secoli fa era molto commercializzato anche con altri paesi europei. Questo prodotto era ed è assolutamente presente in ogni cantina che si rispetti e rappresentava in passato parte della dote che ogni donna doveva portarsi una volta sposata; infatti la cultura contadina vedeva in questa bevanda un utile corroborante dalle fatiche giornaliere nei campi. Oggi è considerato un prodotto tipico del mondo dei campi delle zone citate, ma nonostante gli sforzi della popolazione per promuoverlo, esso rischia di scomparire in quanto nuove norme proibiscono di chiamare "vino" le bevande ottenute dal riscaldamento del mosto, che quindi non possono essere commercializzate (unica eccezione a questa legge è però il Marsala). Dal 2001 con un decreto ministeriale il vino cotto è entrato a far parte nell'elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali delle Marche ed anche in quello dell'Abruzzo. La Confederazione Produttori Agricoli - Copagri di Macerata ha presentato un progetto per la valorizzazione di questo prodotto denominato "Il Cotto dei Piceni". La presenza ad eventi a carattere internazionale quali Vinitaly di Verona, Salone del Gusto di Torino, Mia di Rimini ha contribuito a far conoscere il Vino Cotto ad appassionati ed estimatori.

Vinificazione

Viene utilizzata l'uva dei vitigni tipici delle zone citate, quali il Maceratino, il Sangiovese , il Montepulciano , il Galloppa. Una volta pigiata l'uva, il mosto ottenuto si mette in un "caldaro" (grossa pentola di rame), con l'avvertenza, tramandata dalla tradizione, di porvi una verga di ferro nudo per impedire al rame del caldaro di passare in soluzione. La verga di ferro si tiene fino a che il mosto non si sia scaldato. Nel caldaro il mosto viene cotto a fuoco vivo fino a quando l'evaporazione non porti il contenuto a ridursi di una quantità variabile tra un terzo e un mezzo di quella iniziale; la maggiore o minore concentrazione varia a seconda del grado zuccherino di partenza. Nelle Marche c'è chi durante la bollitura aggiunge una mela cotogna per ogni quintale di mosto, allo scopo di aromatizzare la bevanda. Non appena raffreddato, il mosto concentrato viene "rimboccato" in caratelli di rovere ove è lasciato fermentare.

A fermentazione alcoolica avvenuta è trasferito in un contenitore in cui è già presente il vino cotto degli anni precedenti; molto importante sarà un suo lento e lungo invecchiamento evitando forti ossidazioni. È proprio questo il punto più delicato ed importante della vinificazione: in questa fase è necessario calcolare il giusto dosaggio fra il vino cotto nuovo con quello vecchio ed effettuare una spillatura accorta, per evitare problematiche ossidazioni. Eventuali errori in queste operazioni potrebbero impedire il formarsi del profumo fruttato caratteristico della bevanda. Non è infrequente che il mosto concentrato e non ancora fermentato venga "rimboccato" direttamente nel vino cotto vecchio, ma tale pratica è rischiosa e riservata ai più esperti, in quanto essa rischia di compromettere il giusto dosaggio tra nuovo e vecchio, e di provocare con la fermentazione il sommovimento dei depositi contenuti nel recipiente e il temporaneo intorbidimento della bevanda. Nelle Marche e nell'Abruzzo è stato riconosciuto un preciso disciplinare di preparazione del vino cotto.

 

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SABATO 12 APRILE 2014 - ORE 17,00

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